Nibbi, una traversata…
Caro Giuseppe
Troppo schiva per esprimere la mia riconoscenza a voce, ti scrivo.
Non intendere la mia lettera come un panegirico. È solo un apprezzamento sincero senza fronzoli, la storia di un incontro. L’incontro nostro non è stato casuale. L’ha guidato la buona fata Piera che avevo conosciuto a un corso di cultura generale. Mi aveva decantato le lezioni di “Storia del pensiero umano” che si svolgevano allo Spazio Eventi del centro commerciale di Ponte a Greve; lezioni alle quali non avrebbe mancato per nessuna ragione. “Vieni a sentire; così vedi se ti piace!”
13 febbraio 2015. D’un colpo, senza la graduale introduzione del rituale della partenza, eccomi ignara, catapultata in bel mezzo al complesso pensiero della Scolastica. L’impatto è rude. Il tipo dal ciuffo canuto, in piedi davanti al microfono, capace di leggere per due ore di fila senza calare di tono, sei tu. “Il ragionamento ontologico di Anselmo parte dalla convinzione che nel semplice atto di pensare, c’è già la certezza dell’esistenza”. “Il ragionamento ontologico”? … “Anselmo”? I miei rudimenti di filosofia se la sono svignata da lustri. Anselmo non mi è familiare per niente, anzi è un perfetto sconosciuto. Dal lontano liceo scientifico non giunge nemmeno una flebile voce. La lezione prosegue. Entra in scena una figura femminile, Hildegarde von Bingen di cui ho già sentito parlare, seppur in modo incompleto. Un po' mi rincuora. Le storie di Pannocchia, Millemosche e Menegota rischiariscono la lezione con un tocco farsesco. Comunque, il bilancio non è brillante: sono spiazzata o peggio ancora, spacciata. Sarà il caso di mollare, di non tornare più. Andiamo! Lascio perdere. In fondo, che m’importa? Sto per fare scendere un velo opaco e rassicurante sulla mia ignoranza ma un sentimento misto d’orgoglio e di curiosità mi lascia sperare che ce la farò. Tornerò. Bisogna perseverare.
La settimana seguente, mi aspetta un’altra sfida. Fra gli spunti che hai disseminato nel repertorio per invogliarci a scrivere, uno m’ispira: si tratta di cucina. Chiedo: “Come devo fare?” Risposta tua, ironica: “Usare un foglio bianco e una penna!”. Volevo solo sapere a chi e dove consegnare lo scritto. Va messo lì nella cartella “Biblioteca itinerante” all’interno della piccola valigia blu scuro appoggiata sul tavolo, oppure mandato al sito “Antibagno”. Bene, userò entrambi le modalità. Spieghi: “Siete numerosi; gli scritti mi permettono di conoscervi meglio”. Bello, quest’approccio! Mi ha stimolato a scrivere. A volte succede che poche parole abbiano più potenza di lunghi discorsi. Con la tua precisazione, Il tema non mi appare più un mero esercizio di redazione, un utile allenamento alla sintesi; è anche un modo di svelare la mia personalità.
Mese dopo mese, i tuoi repertori disegnano la strada tortuosa del pensiero umano. Sono arrivata tardi sul percorso ma già percepisco i benefici del tuo insegnamento. Forse non leggo di più; di sicuro leggo meglio. Pensavo che la filosofia fosse il cianciare di un gruppo d’intellettuali, fosse tempo perso a dissertare su argomenti privi di collegamenti con la realtà, insomma inutili. Consideravo i filosofi con aria beffarda e dubitativa. Grazie a te, mi sono ricreduta. Adesso, per me, filosofare significa essere più consapevole di quello che mi circonda, provare a capire i pensieri all’origine delle mie azioni, scolpirmi dall’interno per fare emergere la mia umanità. Di sicuro, filosofare non è “imparare a morire” come sostiene Cicerone; invertirei addirittura la sua formula perché la morte non è lo scopo della vita. La filosofia non è al servizio della morte; al contrario, la usa per svilupparsi.
Filosofare è imparare a vivere. L’idea della morte è l’impulso, la forza propulsiva della filosofia. Vivere è una grandiosa opportunità e la consapevolezza di aver una fine, non mi deve irrigidire ma al contrario, mi deve spingere a gustare senza indugio i piaceri dell’esistenza. Tramite lo studio, posso toccare alcune gemme del pensiero umano, respirare il profumo leggero e inebriante della mia mente. Studiando, mi riempio della gioia d’imparare, provo il godimento di potenziare la mia intelligenza, di allargare il mio mondo mentale. Sottoscrivo al precetto d’Isidoro da Siviglia: “Studiate come se doveste vivere sempre; vivete come se doveste morire domani” anche se tale consiglio non sia affatto semplice da mettere in pratica.
Per te, “studiare” è un verbo maestro. In tutti questi anni, quanti filosofi hai incontrato; con quanti ti sei intrattenuto? Mi sarebbe tanto piaciuto iniziare il viaggio agli albori, salpare con te trentacinque anni fa. Ho preso la nave in marcia tre anni e mezzo fa e quando contemplo il mare magnum dei tuoi repertori, mi sento una pulce alla deriva su un guscio di noce. Ci dici che l’importante è “avere la testa ben fatta”. È vero, ma non puoi negare che la tua testa sia anche “ben piena”, piena di tutte le opere significative che hai letto, non certo affollata di pubblicità e di libri-spazzatura. Quante ore dedicate alla preparazione delle lezioni, quante pagine stampate? Se, nei momenti di stanchezza o di scoraggiamento, ti balena la sensazione che il tuo lavoro e tutti i tuoi sforzi siano soltanto una goccia d’acqua nell’oceano, annientala! Se pensi di non essere più in grado di fare breccia nel cuore del pubblico, di essere diventato noioso, interponi a questi cupi pensieri l’immagine luminosa del popolo della scuola.
Guarda l’assemblea dell’Alfabetofania, i visi sorridenti, gli occhi pieni di rispetto e d’ammirazione, le orecchie tese all’ascolto delle tue parole. Considera il numero crescente dei partecipanti allo Spazio Eventi della Coop: siamo diventati un enorme polpo affamato che allunga i suoi tentacoli nei corridoi laterali. Per ora si salva il solarium ma invaderemo anche quello. Ogni venerdì, vieni a dare da mangiare a questa bestia mostruosa che non è mai sazia di pezzetti di letteratura e di bocconcini di filosofia.
Per la tua dedizione e il tuo impegno titanico, grazie dal più profondo del cuore.
Un forte abbraccio