Incontrando Petrarca
Leggo un libro o una rivista, guardo un documentario, ascolto una conferenza o navigo in rete, posso ricavare informazioni su una regione, un paese … Rimango comunque fuori dal luogo che mi viene descritto: si tratta di un viaggio virtuale. Quando invece mi sposto in modo reale, scopro il paese con i miei occhi, lo tocco con mano. Sono in presa diretta: la mia “dotta ignoranza” entra in gioco sul posto che visito. Quest’approccio intimo mi colpisce più a fondo.
Viaggiare è un’attività insostituibile perché siamo portati a valutare sul campo. Il viaggio è individuale e irrepetibile. Individuale, perché legato al nostro modo di interpretare la realtà, al nostro carattere: siamo tutti sfumature diverse dello stesso stampo umano. Sarò attratta da un dettaglio che altri non scorgeranno o che li lascerà indifferenti e vice versa. Irrepetibile, perché capita in un momento preciso della nostra vita. Così se torneremo a vedere il solito posto tempo dopo, ne coglieremo un aspetto differente, ne conserveremo un ricordo diverso.
Amo la Provenza, feconda di Storia e di storie. È stata la culla dei famosi rimatori in lingua d’Oc, i trovatori, ma è anche nella letteratura contemporanea, la terra celebrata da Jean Giono, dipinta dalla penna umoristica e pungente di Marcel Pagnol. Conferisce al francese un accento che canta. Mi piace questa regione benedetta dal sole, animata d’estate dal frinire ininterrotto delle cicale, profumata dalla lavanda e dal timo, dove i filari ordinati dei cipressi cercano di arginare il soffio impetuoso del Maestrale.
A giugno, l’ho attraversata in macchina. Come rinunciare a una sosta a Fontaine de Vaucluse, lì dove Petrarca compose il “ Canzoniere”? Perché non soddisfare una curiosità nata dopo il percorso didattico di Giuseppe*? Ero già passata in questo villaggio durante la mia lontana adolescenza: me lo aveva fatto scoprire una cugina che abitava nei pressi d’Avignone e mi ospitava per un breve soggiorno. All’epoca, ero andata a Fonte di Valchiusa con il mirato intento di trovare un autentico “santon”, la particolare statuina del presepe provenzale, da regalare alla mia mamma. Assorta nello scegliere l’oggetto artigianale, avevo prestato poca attenzione al posto. Stranamente, ricordo il commento della cugina: “ Qui, Petrarca ha incontrato Laura”. Confesso la mia pigrizia intellettuale; ho memorizzato senza indagare. L’insegnamento in Francia era molto nazionalista, forse lo è rimasto: Petrarca non figurava nel programma. Si accennava al poeta italiano solo come punto di esordio dei poeti francesi Ronsard e Du Bellay: i sonetti del Petrarca li avevano influenzati e imitandoli, avevano arricchito e sviluppato la lingua francese, tutto qui!
Quest’anno il mio viatico contiene il “repertorio della sapienza dell’autunno del medioevo”. Valchiusa non è più un posto anonimo dove comprare souvenir. Lì, nella dolce vallata senza uscita, lo scrittore ha trascorso, lontano dai potenti, una vita di studio e di piaceri semplici. Nelle sue rime ha trovato la consolazione per un amore non corrisposto ed esplorato i meandri della propria interiorità, lasciando ai posteri un autoritratto immortale. In questo scrigno naturale, ha visto crescere i suoi figli Giovanni e Francesca. Osservo le acque color smeraldo della Sorga e immagino il poeta che cammina lungo il fiume, preceduto da Selene, il suo fedele e chiassoso cane bianco.
Nel mese d’agosto, rotta verso Copenhagen. È un viaggio organizzato in pullman, ovviamente con delle tappe in Germania. A Berlino, il pezzo rimasto in piedi del grigio muro di confine della RDD è dipinto da numerosi artisti giunti da tutto il mondo. Questa lunga striscia variopinta di murales festeggia la riconciliazione. L’orribile bozzolo ha lasciato il posto a una farfalla colorata! Dove il muro è stato buttato giù, nel cuore della città, una linea di ciottoli incastonati nell’asfalto ne segnala l’ex percorso. Il muro passava davanti alla Porta di Brandeburgo includendola nel territorio della Germania dell’Est. Così, anche l’imponente “Brandenburger Tor”, dapprima simbolo di spaccatura, è diventato simbolo della riunificazione alla fine della Guerra Fredda. Percorrendo in pullman il “Viale del 17 Giugno”, arriviamo alla famosa Porta. A un centinaio di metri dal monumento, la nostra guida ci indica una statua di bronzo su un piedistallo di granite, collocata sullo spartitraffico. “È un uomo che chiama suo fratello rimasto dall’altra parte del Muro. Si chiama Der Rufer, ossia Lo Strillatore insomma, “quello che grida”. Osservo la statua dal finestrino; nella sua semplicità, nel suo atteggiamento, è molto eloquente. Ci avrei prestato moderata attenzione se la guida non avesse aggiunto: “ non so perché porta sul suo basamento il nome del Petrarca”. In quell’istante si è scatenata la mia curiosità. Incredibile! In Provenza mi ero recata di proposito nell’“eremo” dello scrittore ma qui, a Berlino, ero stupita di trovarlo sulla mia strada. Impossibile restare sorda a questo richiamo, impossibile rimanere indifferente a quest’incontro fortuito. Coincidenza, magico fenomeno che ci fa esclamare: “Che strano incontrarti, stavo proprio pensando a te!”. Petrarca è il padre dell’Umanesimo, si è sempre schierato per la pace. Ricordarlo di fronte alla Porta di Brandeburgo dove era stato eretto l’ignobile Muro, rivestivo un chiaro significato.
Ma non bastava, volevo indagare. La serata era libera, avevo tempo a disposizione per osservare la statua da vicino. Sul suo piedistallo sono fissate due targhe di metallo. Una riporta, come è consueto, il nome dello scultore: Gerhard Marcks. Facile da memorizzare, è omofono di Marx. È vero, strano, sull’altra si legge il nome dell’illustre letterato italiano con la sua data di nascita e di morte. Come mai? L’uomo ha i piedi nudi e indossa una lunga sopravveste aderente. Le sue mani sono disposte a imbuto intorno alla bocca spalancata: cosa grida? La risposta è scritta in lettere di bronzo intorno alla base: “Ich gehe durch die Welt und rufe: Friede, Friede, Friede”. In altre parole: “Vado per il mondo e grido: Pace, pace, pace”. Ecco, il riferimento a Petrarca, ecco la soluzione dell’enigma! È un verso del poeta, ne sono sicura. Da che opera è stato estratto?.
Tornata a casa, consulto i repertori dedicati a Petrarca. Che stupida ! Repertorio 28 riporta il verso finale della sedicesima Canzone del “Canzoniere”, commosso augurio di una pacifica convivenza in un’Italia dilaniata dai particolarismi:
“ di’ lor: “ Chi m’assicura ? I’ vo gridando: Pace, pace, pace”.
La citazione è significativa. La statua era stata collocata lì, nel maggio 1989, qualche mese prima del crollo del Muro. Guardava dall’altra parte, in direzione della Germania dell’Est, e lanciava un sonoro invito ad abbattere l’inumana barriera. Oggi, il Muro non c’è più ma l’uomo dalla lunga sopravveste continua a vociare, instancabile, la sua esortazione alla pace. Un messaggio senza tempo che, ahimè, pochi ascoltano.
Estate 2016
Joëlle