La parola inventata.
Povero dizionario! Soffri di ospitare vocaboli che nessuno usa, di custodire ricchezze che pochi sfruttano. Saresti così felice di udire per la strada molte parole che non escono mai, che ammuffiscono sulle tue pagine; le potessi vedere almeno scritte da qualche altra parte, su qualche altro supporto! Spesso ti senti inutile. Non te la prendere se adesso ho inventato una parola. Non ti voglio certo offendere o mancare di rispetto perché sei insuperabile e ti consulto spesso; l’ho fatto per puro gioco.
SORRIVENDOLOSO (sor- ri- ven- do- lò- so)
SIGNIFICATO - Che sfoggia un sorriso per incrementare una vendita o per mera convenienza sociale; che denota falsità.
ETIMOLOGIA - Da sorriso, derivato dal latino subridēre, composto da sub (che marca l’attenuazione) e ridēre,
e da venděre, dalla locuzione latina “venum dare” ossia “dare in vendita”.
Il vocabolo sembra scivolare dalla bocca di Mary Poppins. Appare una blanda imitazione della sua formula favorita che, insieme al suo schioccare le dita, rimette tutto in sesto. In realtà, questa parola non è scappata dal mondo delle fate ma sottolinea un aspetto ricorrente del nostro comportamento. Non si tratta di vendere un sorriso ma di usarlo allo scopo di vendere. L’aggettivo nasce all’inizio degli anni ’60 del secolo scorso in ambito televisivo, nel settore della pubblicità. Caratterizza un atteggiamento seduttivo studiato per incrementare le vendite. Sullo schermo, la casalinga sorrivendolosa vanta gli innumerevoli meriti della polverina candeggiante che scrosta il vaso del gabinetto in un batter d’occhio. Infastiditi dalla sua insistenza, hanno deciso di non aprire più la porta al sorrivendoloso rappresentante del “folletto”.
Più tardi, il lessema è passato a definire un’espressione sforzata di serenità per convenienza sociale, per abitudine culturale. L’atteggiamento sorrivendoloso dei giapponesi anche nei momenti di conflitto, lascia perplessi un gran numero di europei. È un mondo interno che si nasconde dietro a un sorriso di facciata. Non a caso il critico d’arte Rémi Pinchon ha intitolato il suo articolo sulla Gioconda: “Un sorrivendoloso ritratto”.
Da lì a esprimere la falsità, il passo è breve. Così da mero strumento di persuasione, il sorriso stampato arriva a qualificare un atteggiamento ipocrita finalizzato a tenere sotto traccia un cospicuo tasso di animosità. Presento un volto sorrivendoloso a mia suocera che per l’ennesima volta mi ha scoccato una freccia avvelenata; oppure per simmetria: con un comportamento palesemente sorrivendoloso nei miei confronti, la suocera entra a pieno titolo nel luogo comune della sua categoria.
Insomma, sorrivendoloso si oppone a sorridente per la sua assenza totale di spontaneità e di limpidezza.