Cucinare come creare

Senza l’ombra di un dubbio, per me, l’attività più gratificante di tutte le faccende domestiche, è cucinare. Il cibo mi dà voglia di creare, di sperimentare, di innovare. Stirare e spolverare sono delle azioni obbligate ma noiosissime. In questi casi, la soddisfazione risiede nel risultato finale e non nell’azione stessa: sono contenta di portare vestiti privi di grinze, che il bagno sia pulito ma tutto si ferma lì. Il focalizzarsi sulla polvere da eliminare, non darsi tregua finché ogni traccia di sporco non sia eliminata, mi rimane incomprensibile. Non concepisco che sia uno scopo in sé. Non posso diventare schiava delle pulizie. Va bene il pulito, ma l’asettico no !

Nel cucinare invece, l’azione porta con sé un’emozione, una trepidazione: combinare gli alimenti, saperli dosare, giocare con i sapori è eccitante, a volte “rischioso” quando si modificano gli ingredienti di una ricetta per provare strade nuove. Non mi lascio ingabbiare dalla routine. Riconosco di essere maniacale nello scegliere i prodotti alimentari un po’ come un pittore meticoloso nel decidere che colore adoperare. Sicuramente, per chi mi osserva al supermercato, devo sembrare pazzoide quando scelgo gli articoli… ma poco importa perché sono convinta che il successo di un piatto dipenda molto dalla qualità degli ingredienti che lo costituiscono. Dunque, fare la spesa non rappresenta una corvée o un penso ma semplicemente il modo di acquistare i “colori” giusti per realizzare il mio “quadro culinario”.

Quando gli alimenti scarseggiano nel frigorifero, il mio spirito inventivo si acutizza. In quei momenti, le soluzioni innovative vengono potenziate un po’ come succede quando i ragazzi limitati dai giocattoli a disposizione, sviluppano la loro immaginazione escogitando giochi nuovi. Anche gli amici invitati a casa stimolano la mia creatività culinaria: voglio fare scoprire loro dei piatti nuovi, regalare loro dei sapori diversi, incuriosirli con una presentazione inusuale. Una mia grande soddisfazione è vederli mangiare di gusto un cibo che si erano sempre rifiutati di assaggiare o che riscoprono cucinato in un modo differente da quello che conoscevano.

L’impegno davanti ai fornelli è ripagato al centuplo quando intorno alla tavola, si instaura un’armonia e si dimenticano per un attimo i problemi. Sono cosciente che cucinare sia un po’ come dipingere sulla sabbia; dopo la cena, nessuno si porta a casa un bene tangibile, una tela colorata. Rimangono solo ricordi di sapori, di scambi d’idee, di risate. Ma più tardi, questi ricordi riaffiorano e sono capaci di riscaldare il cuore, di strappare un sorriso, di trasmettere serenità. Non è forse il sapore rievocativo di un’umile madeleine all’origine di una delle opere letterarie più rilevanti del XX secolo ? Nel fantasioso film d’animazione “Ratatouille” la peperonata preparata dal topino fa tornare alla mente del gelido e inflessibile critico gastronomico la sua tenera infanzia e lo addolcisce come per magia.

Comunque, al di là di considerazioni filosofiche, presentare il cibo con accuratezza per risaltarne i sapori migliori è il mio modo di mandare un messaggio d’affetto ai commensali dichiarando pudicamente: vi voglio bene!                       

                                                                                                                                                  Joëlle

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